In precedenza il Tar del Lazio, accogliendo la tesi del Miur, aveva rigettato il ricorso di un cittadino che aveva omologato il proprio titolo di studio all’estero e seguito un corso post-universitario statale in Romania, negando il valore del percorso di studi.
di Alex Corlazzoli 20 Novembre 2019
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Il Consiglio di Stato dice per la prima volta sì all’abilitazione all’insegnamento conseguita in Romania. Ad annunciare la decisione del presidente della sesta sezione è l’avvocato Domenico Naso che ha sostenuto il ricorso presentato da un cittadino italiano che aveva presentato la documentazione al ministero per il riconoscimento ottenendo come di prassi il respingimento. “Il Tar ha respinto il nostro ricorso ma abbiamo proposto appello al Consiglio di Stato che con decreto monocratico ha sospeso la sentenza negativa del Tar riconoscendo il valore abilitante. E’ una prima vittoria, il fatto stesso che sia stato confermato con un decreto monocratico senza interloquire con la controparte ci fa ben sperare, è un segnale forte rispetto all’orientamento del Consiglio di Stato”, spiega l’avvocato Naso.
In precedenza, infatti, il Tar del Lazio, accogliendo la tesi sostenuta dal Miur, aveva rigettato il ricorso di questo cittadino che aveva omologato il proprio titolo di studio all’estero e seguito un corso post- universitario statale in Romania, negando il valore del percorso di studi fatto. Il consiglio di Stato ha emesso il decreto cautelare di accoglimento con la seguente motivazione: “Va accolta la domanda cautelare, apparendo verosimili alcune delle doglianze formulate avverso il diniego di riconoscimento del titolo abilitante conseguito in Romania dall’appellante; – in particolare, alla luce della documentazione in atti, l’istante sembrerebbe – prima facie – avere conseguito le certificazioni delle competenze per l’esercizio della professione di insegnante abilitato all’insegnamento in Romania (in particolare il diploma conseguito in Romania che consente di insegnare previo possesso di un titolo di laurea che può essere, naturalmente, secondo i principi del diritto comunitario, conseguito anche in altri Paesi UE)”.
In passato il ministero era già intervenuto sul caso con la nota numero 5636 del 2 aprile 2019. In quell’occasione il Miur aveva dichiarato che non possono essere ritenuti validi per l’accesso all’insegnamento, sia su posto comune che di sostegno, i titoli conseguiti in Romania al termine dei percorsi di studio denominati “Programului de studii psichopedagogice, Nivelul I e Nivelul II”. La nota faceva seguito ad un approfondito confronto con le competenti autorità rumene, dal quale emergeva che i titoli di cui sopra, non sono sufficienti per l’esercizio della professione di insegnante in Romania, e di conseguenza non lo sono nemmeno in territorio italiano. Veniva anche evidenziato, per quanto riguarda i titoli di sostegno, come non v’era corrispondenza tra l’ordinamento scolastico italiano e quello rumeno, in cui i soggetti con disabilità frequentano apposite scuole speciali, a differenza di quanto avviene in Italia con l’integrazione nelle classi comuni degli alunni disabili o con bisogni educativi speciali. Si tratta di una questione che secondo i dati in possesso dell’avvocato Naso riguarda circa 15mila persone che hanno ottenuto l’abilitazione in Romania, Spagna o Bulgaria.